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O tempora o mores: Il calcio che conoscevamo non c’è più

  • 3 min read

Foto: la maglia dell’Udinese interpretata dallo stilista Marcello Pipitone (al centro con i pantaloni)

Di Maurizio Masai

Il calcio sta cambiando, giorno dopo giorno sotto i nostri occhi. Già nel mercato estivo io non vedo più venti squadre in serie A ma vedo venti bilanci. Dietro ognuno di questi bilanci c’è un portafogli. Per me ci sono venti portafogli che si contendono nel mercato estivo i migliori giocatori. Segue ovviamente intervista ai nuovi africani, sudamericani, asiatici, i quali dicono per esempio che a Udine si trovano molto bene, che è piccolina ma tanto caruccia e che non manca di nulla. Ma tanto il tempo libero poi lo passano in casa a giocare al computer o a scrivere sui social. Gli arbitri che una volta erano malpagati e che oggi grazie agli stilisti gareggiano in eleganza con i giocatori, una volta a sentire radio e tv agivano e basta: “L’arbitro non ha dubbi e indica il dischetto del rigore”. Oggi l’arbitro si gira verso la panchina e aspetta il VAR. Nel frattempo allontana i giocatori più rompicoglioni che vogliono protestare e che guardandolo smarriti a bocca aperta con gli occhi spalancati e gli pongono sempre due domande. Chi? Io? Infatti, i calciatori, secondo voi, di che religione sono? Cattolici? No, Protestanti.

Tuttavia, mentre i giocatori in campo sembra non possano fare a meno di sputare per terra in continuazione (magari hanno disputato una bella partita ma sputato continuamente per terra), incuranti di essere ripresi in primo piano dalle telecamere di mezzo mondo, io non ho mai visto un arbitro sputare nemmeno dopo una delle lunghe corse che sono costretti ad affrontare per essere costantemente vicini all’azione di gioco. E sì che gli arbitri corrono ben più dei giocatori (è stato calcolato scientificamente che percorrono dai 10 ai 12 chilometri a partita) e quindi dovrebbero essere motivati a sputare da una salivazione superiore. Forse sono solo più educati?

Le maglie dei giocatori oggi sono in mano agli stilisti i quali, dotati di una fantasia superiore, (ma che acido prendono?) si sbizzarriscono continuamente nell’ideare nuove soluzioni estetiche per soddisfare le esigenze cromatiche più stravaganti. Il fatto è che molte maglie sembrano appena uscite da una lavanderia dove mischiando i colori ne esce fuori o un grigio che oltrepassa alla grande le 50 sfumature, o a esempio strisce bianconere dove i contorni sono sfumati o mischiati a simboli, numeri e sponsor, come fossero dei cartelloni pubblicitari.

Di regola le maglie tradizionali si vedono sempre meno e quando le squadre entrano in campo io grido vittoria al solo vedere, quando capita,  che l’Udinese si presenta con la divisa tradizionale. In quanto alle seconde e terze maglie, sempre più usate a discapito dei colori tradizionali, predomina il nero che, evidentemente, oggi va così di moda che prevale alla grande sulla esigenza degli stilisti di non copiarsi l’un l’altro. Altrimenti per quale motivo una squadra su due o tre giocherebbe sia in A che in B con la maglia nera (colore che quando ero bambino nel calcio era riservato solo all’arbitro, la mitica giacchetta nera)? Segue la maglia bianca e anche quella gialla fluorescente, piuttosto gettonata, mentre le maglie a strisce verticali tradizionali, bianconera, nerazzurra, rossonera, quelle che una volta vincevano gli scudetti si vedono sempre meno. Le strisce nette, semplici, a due colori, non sono più di moda. Amen

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